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Dal 15 luglio 2022 il controllo di gestione è… legge

Fino al 15 luglio 2022 avere un efficace sistema di controllo di gestione era una scelta che, spesso, faceva la differenza. Da quel giorno è legge, nel senso che è un’attività espressamente prevista dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza entrato in vigore, dopo che la sua efficacia era stata sospesa nel 2020 per l’irrompere della pandemia e per attuare la Direttiva UE 2019/1023 sull’insolvenza.

Sono proprio le nuove caratteristiche che hanno assunto le crisi economiche – improvvise, causate da variabili apparentemente estranee, molto ricorrenti per non dire “normali” – ad avere suggerito di uscire dalla vecchia logica della Legge Fallimentare risalente al 1942 per introdurre norme che consentano di assistere gli imprenditori mentre attraversano una burrasca improvvisa, di risanare in parte o in tutto l’azienda o di far continuare a vivere le imprese senza necessariamente liquidarle. A patto, però, che gli imprenditori e le imprese si dotino di strumenti di gestione che permettono di vedere dove si nascondono le minacce, monitorando costantemente gli indicatori che possono fare prevedere una crisi e introducendo tempestivamente i correttivi.

Una novità che ha spinto ADTM ad affinare le competenze per affiancare con appropriati servizi di management per il controllo di gestione gli imprenditori o le organizzazioni aziendali che non possono distogliere la loro concentrazione sul proprio business e che vogliono mantenere il controllo costante delle variabili più estranee al proprio settore merceologico.
Che sia il lievitare del costo di una materia prima che inciderà indirettamente sui propri approvvigionamenti o l’aumento dei costi dei servizi di credito determinato da fatti lontani geograficamente, siamo attrezzati per tenere sotto controllo l’ambito economico-finanziario in cui si dovessero manifestare perdite economiche, problemi di natura patrimoniale o di natura finanziaria.

Uno schema dell’approccio ADTM per affiancare le aziende nel controllo di gestione

È qui che si annidano i principali indicatori che possono prevenire una crisi d’impresa e mantenere solida la sostenibilità debitoria e l’operatività aziendale.
Può bastare una ricapitalizzazione per non far scendere sotto il minimo legale il patrimonio netto dell’impresa.
Un buon previsionale di cassa consente di ricavare un affidabile indice del cosiddetto “rapporto di copertura del debito”, da cui si capisce se il flusso di cassa della gestione operativa è sufficiente oppure no a far fronte agli impegni finanziari dell’azienda.
In alternativa si può ricorrere ai cosiddetti indici settoriali: la sostenibilità degli oneri finanziari, l’adeguatezza patrimoniale, il cash flow, la liquidità sul breve periodo, l’indebitamento previdenziale e tributario… Ce n’è da lavorare riducendo ansie, paure e costi dell’imprevisto che si può prevedere.

Cosa dice il nuovo articolo 2086 del Codice civile

Gestione dell’impresa
L’imprenditore è il capo dell’impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori.
L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

Cosa dice l’articolo 3 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza

Adeguatezza delle misure e degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva
della crisi d’impresa

L’imprenditore individuale deve adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte.
L’imprenditore collettivo deve istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato ai sensi dell’articolo 2086 del codice civile, ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative.
Al fine di prevedere tempestivamente l’emersione della crisi d’impresa, le misure di cui al comma 1 e gli assetti di cui al comma 2 devono consentire di:
a) rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore;
b) verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi e rilevare i segnali di cui al comma 4;
c) ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento di cui all’articolo 13, al comma 2.
Costituiscono segnali per la previsione di cui al comma 3:
a) l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
b) l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
c) l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni;
d) l’esistenza di una o più delle esposizioni debitorie previste dall’articolo 25-novies, comma 1.